A chi mi chiede che cos’è l’intelligenza emotiva, rispondo in breve: la nostra bussola interiore. Si attiva quando impariamo a capire davvero le nostre emozioni, invece di esserne sopraffatti. E quando riusciamo a leggere tra le righe lo stato d’animo di chi ci sta accanto, trasformando un momento di tensione in un’opportunità di connessione.
È la capacità di riconoscere e comprendere le emozioni, usarle in modo funzionale e costruire relazioni più sane, efficaci, umane. Non è una dote innata e immutabile, ma una vera e propria competenza da coltivare, studiata scientificamente e riconosciuta come una risorsa per il benessere e il successo professionale.
L’intelligenza emotiva è stata per me una preziosa scoperta, e sperimento il suo impatto ogni giorno, nelle relazioni personali e lavorative, e nelle esperienze dei miei clienti.
Che cos’è l’intelligenza emotiva
Il concetto di intelligenza emotiva è stato introdotto per la prima volta nel 1990 dagli psicologi Peter Salovey e John D. Mayer, che la definirono “la capacità di monitorare i propri e altrui sentimenti ed emozioni, di discriminare tra di essi e di utilizzare queste informazioni per guidare il proprio pensiero e le proprie azioni“.
Ma perché è importante? Ricerche in psicologia, educazione e management confermano che un’elevata intelligenza emotiva si associa a migliori performance lavorative, relazioni più soddisfacenti e una maggiore resilienza allo stress. In ambito aziendale, l’intelligenza emotiva è considerata una competenza chiave per la leadership efficace e la gestione dei team.
Capire davvero che cos’è l’intelligenza emotiva non è solo un esercizio teorico, è una chiave pratica per capire meglio chi siamo e come possiamo evolvere.
Modelli teorici
Ormai un secolo fa, nel 1920, lo psicologo Edward Thorndike introduce il concetto di intelligenza sociale: la capacità di interagire efficacemente con le altre persone e di adottare un comportamento equilibrato nelle relazioni sociali. È un’intuizione potente, ma allora non trova spazio nel panorama scientifico dominato dall’intelligenza logico-verbale.
La teoria delle intelligenze multiple
Negli anni ’80, Howard Gardner mette in discussione la visione tradizionale dell’intelligenza, con la teoria delle intelligenze multiple. Ne identifica otto forme, di cui due particolarmente collegate al concetto di intelligenza emotiva. Gardner le definì intelligenze personali, poiché entrambe si concentrano sulla comprensione dell’essere umano:
- L’intelligenza intrapersonale si riferisce alla capacità di conoscere sé stessi, riconoscere emozioni, obiettivi, punti di forza e debolezze, utilizzando questa consapevolezza per prendere decisioni sagge e ponderate.
- L’intelligenza interpersonale permette di comprendere gli altri, intuire le loro motivazioni, collaborare efficacemente e, se necessario, influenzare le dinamiche sociali.
La nascita dell’intelligenza emotiva
Nel 1990, gli psicologi Peter Salovey e John Mayer sintetizzano le più recenti scoperte in campo neurologico e psicologico coniando la definizione di intelligenza emotiva, che comprende
- Valutazione ed espressione: la capacità di riconoscere e articolare le proprie emozioni e di percepire accuratamente quelle degli altri.
- Regolazione delle emozioni: l’abilità di gestire le proprie emozioni e, se necessario, influenzare quelle altrui.
- Utilizzo delle emozioni: la competenza nell’impiegare le emozioni per facilitare il pensiero e la risoluzione dei problemi.
Daniel Goleman e la diffusione dell’intelligenza emotiva
Nel 1995, lo psicologo e giornalista Daniel Goleman porta l’intelligenza emotiva al grande pubblico in forma semplice ma rivoluzionaria, sostenendo che il successo personale e professionale non dipende prevalentemente dal quoziente intellettivo, ma soprattutto dalle competenze emotive e sociali.
Goleman, con cui ho avuto l’onore di approfondire la mia formazione sull’intelligenza emotiva, propone un modello semplice da comprendere e da utilizzare, concentrandosi su quattro aree chiave:

Questa prospettiva ha avuto un impatto profondo sul mondo del lavoro, portando molte aziende a rivedere i processi di selezione, leadership e gestione del personale.
I benefici
Per decenni si è pensato che le emozioni fossero d’intralcio alla razionalità. Molti di noi, io compresa, abbiamo mantenuto a lungo la convinzione che al lavoro non ci sia posto per le emozioni, viste come elementi di disturbo, che interferiscono con la razionalità e compromettono la capacità di prendere decisioni logiche.
Ma le neuroscienze oggi ci dicono il contrario: emozioni e ragione lavorano insieme. Le emozioni sono una funzione naturale del nostro organismo, e quando pensiamo di metterle a tacere le stiamo semplicemente nascondendo, privandoci di una risorsa.
L’intelligenza emotiva ha portato a me e ai miei clienti i benefici di cui per anni ho letto in libri e studi, come riuscire a gestire una conversazione difficile senza chiudersi, mantenere la lucidità durante una presentazione importante, e anche:
- Maggior senso di realizzazione
- Più equilibrio nel gestire lo stress
- Relazioni personali e professionali più soddisfacenti
- Maggiore capacità decisionale
Perché l’intelligenza emotiva al lavoro è importante
Sigal Barsade, che ha analizzato il ruolo delle emozioni nel mondo del lavoro per oltre vent’anni, ha dimostrato che la cultura aziendale non può basarsi unicamente su aspetti cognitivi e razionali, ma deve includere anche una dimensione emotiva.
L’intelligenza emotiva sul lavoro porta con sé:
- Opportunità di carriera e di crescita
- Soddisfazione e produttività
- Riduzione di stress e burnout
- Collaborazioni più fluide e meno conflitti
- Leadership più efficace e inclusiva
Come sviluppare l’intelligenza emotiva
L’intelligenza emotiva si può sviluppare con attività pratiche e semplici, come la riflessione quotidiana, l’ascolto attivo, la mindfulness o anche solo tenere un diario delle emozioni.
Inoltre, formazione e supporto professionale mirato possono aiutarti a
- Costruire familiarità con il tuo mondo interiore
- Rafforzare il senso di agency (la facoltà di essere parte attiva nel tuo ambiente)
- Ridurre lo stress da responsabilità
- Migliorare la comunicazione e il clima nel team
- Accrescere la partecipazione – tua e altrui – agli obiettivi comuni
Intelligenza emotiva e coaching
La psicologa Carol Dweck ha evidenziato come il nostro modo di pensare alle capacità influenzi la crescita. Se crediamo che sia possibile sviluppare nuove competenze, e che l’intelligenza (anche emotiva) si possa coltivare, allora siamo sulla strada giusta: è la mentalità di crescita.
Il coaching lavora proprio su questo. Aiuta a:
- Identificare i propri schemi emotivi
- Coltivare consapevolezza e presenza
- Sviluppare strategie pratiche di regolazione emotiva
Il coaching rappresenta un valido strumento per attivare un mindset di crescita, e al contempo, di sviluppare l’intelligenza emotiva. Attraverso sessioni mirate, possiamo lavorare insieme sulla tua capacità di riconoscere le emozioni, individuare i fattori scatenanti e sviluppare strategie efficaci per gestirle.
Nei miei percorsi di coaching, lavoriamo insieme su ascolto, empatia, comunicazione efficace. Il mio obiettivo? Aiutarti a trasformare le emozioni in alleate, dentro e fuori dal lavoro.
Un percorso di coaching focalizzato sull’intelligenza emotiva porta benefici concreti: migliori relazioni, più sicurezza nelle decisioni, maggiore benessere personale e professionale.
In particolare, il mio approccio al coaching enfatizza l’importanza dell’empatia, dell’ascolto attivo e della comunicazione efficace, elementi fondamentali per una leadership di successo e per la costruzione di relazioni solide.
Investire nello sviluppo dell’intelligenza emotiva attraverso il coaching può portare a una maggiore padronanza di sé, a rapporti interpersonali più profondi e a una carriera professionale più gratificante.
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